Il Palazzo di Giustizia di S. Maria C. Vetere

venerdì 14 settembre 2012

È il funzionario a rispondere del contratto non approvato dall'ente

Il contratto stipulato dall'ente locale "in difetto di una valido impegno di spesa" non può essere riferito al Comune. E ciò proprio "per l'invalidità dell'impegno assunto senza la necessaria copertura finanziaria". In questi casi, dunque, rimane esperibile unicamente l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e funzionari dell'ente. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 14785/2012, confermando la sentenza della corte di Appello di Palermo e respingendo la richiesta di pagamento a titoli di corrispettivo, per un contratto stipulato nel 1997, di oltre 300milioni di lire da parte di una società di riscossione dei tributi. Bocciata in particolare la doglianza secondo cui sarebbe illegittima la disposizione del Testo unico enti locali (Dlgs 267/2012) laddove prevede che sia il soggetto privato a farsi carico della verifica della corretta registrazione contabile dell'impegno di spesa nel capitolo di bilancio dell'ente. La suprema Corte, infatti, richiamando la Consulta (sentenze 446/1995 e 295/1997), ricorda come tale passaggio legislativo fu introdotto con la finalità di "sollecitare un più rigoroso rispetto dei principi di legalità e correttezza" ed "assicurare che la competenza ad esprimere la volontà degli enti locali resti riservata agli organi a ciò deputati". Da qui la considerazione per cui "gli atti di acquisizione di beni e servizi senza delibera autorizzativa e relativa copertura finanziaria solo apparentemente sono riconducibili all'ente pubblico". In tali casi, infatti, si realizza "una frattura del nesso organico con l'apparato pubblico (che fra l'altro il terzo contraente non dovrebbe ignorare)" che "vale ad impedire di ricondurre la fattispecie agli schemi di responsabilità dell'amministrazione". Del resto, conclude la Corte, l'ente neppure successivamente ha provveduto a riconoscere la legittimità del debito fuori bilancio, per cui la nullità del contratto non è mai stata sanata e dunque "il rapporto obbligatorio intercorreva unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l'amministratore che aveva autorizzato la prestazione

giovedì 13 settembre 2012

Esecuzione Forzata relativa a PA ed a enti pubblici - Spatium adimplendi - Atto prodrominco all'esecuzione (precetto) - Opposizione all'esecuzione - Fondatezza - Rif.Leg. art. 1 L 742/69; art. 147 L 388/00; art. 44 DL 269/03 (conversione L 326/03); art. 615 cpc

Occorre stabilire, in particolare, se tale termine debba essere osservato anche per la notifica del precetto, oppure se sia sufficiente, come sostenuto dal giudice di prime cure, che sia intimato il pagamento per un tempo successivo ai 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo, non essendo rilevante che, come è avvenuto nel caso di specie, la notifica del precetto avvenga prima della scadenza di tale termine. La norma in questione, introdotta dall'art.14 del d.l. 31.12.1996 n.669, conv. in legge 28.02.1998 n.30, che aveva inizialmente previsto il termine di 60 giorni dalla notifica del titolo esecutivo, poi elevato a 120 giorni con la legge n.388/2000, è volta a consentire, con il differimento dell'esecuzione, che le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completino le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di denaro, concedendo loro "uno spatium adimplendi per l'approntamento dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei crediti azionati, perseguendo, così, lo scopo di evitare il blocco dell'attività amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti di fondi, contemperando in tal modo l'interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello, generale, ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche" (in tal senso, Corte Cost. n.142/1998). Il tenore letterale dell'art. 14 d.l. n.669/1996, come successivamente modificato dall'art.147 l. n.388/2000, invero, prevedendo il rispetto del termine di 120 giorni per l'inizio dell'esecuzione forzata e per il compimento degli atti esecutivi, sembrerebbe escludere dal proprio ambito di applicazione il precetto, non essendo, quest'ultimo, un atto esecutivo bensì un atto prodromico all'esecuzione (vd. per tutte, Cass. n.19966/2005 cit.; n.11170/2002). Tuttavia, come sostenuto recentemente dalla giurisprudenza di legittimità, il termine di 120 giorni previsto dall'art.147 l.n.388/2000, deve intercorrere, alla luce della suddetta norma, anche tra la notifica del titolo esecutivo e la notifica dell'atto di precetto. Fino a quando, infatti, tale termine, il quale costituisce una condizione legale di efficacia del titolo esecutivo, non sia scaduto, risulta impossibile giuridicamente notificare il precetto, in quanto quest'ultimo presuppone l'efficacia esecutiva del titolo a fondamento del quale viene fatto valere (Cass. n.19966/2005 cit.). Tale interpretazione è avvalorata anche dalla recente modifica normativa introdotta dall'art. 44, comma III, del d.l. 30.09.2003, n.269, conv. in legge 24.11.2003 n. 326, che, con un'interpretazione autentica del testo dell'art. 14 d.l. n. 669/1996, ha espressamente previsto che, prima del termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo, il creditore non possa procedere ad esecuzione forzata né alla notifica dell'atto di precetto. TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA - SEZIONE SECONDA - Sentenza n. 2608/06,pronunziata il 30/05/2006, depositata il 14/11/2006.

Giudizio di ottemperanza - decreto ingiuntivo non opposto - ammissibilità

Giudizio di ottemperanza - decreto ingiuntivo non opposto - ammissibilità TAR Napoli, Sez. V, 15 dicembre 2005 / 14 giugno 2006, n. 6994 (Pres. D'Alessandro, rel. Palatiello) Se il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione nei termini di legge ha valore di cosa giudicata, esso -quando, ovviamente, sia stato pronunciato nei confronti di una pubblica amministrazione, ovvero nei confronti di un soggetto privato che sia tenuto, in forza del giudicato, al compimento di un’attività implicante esercizio di potestà pubbliche (concessionario di pubblica funzione o di pubblico servizio) cfr.: Cons. Stato, Sez. IV^, 29 ottobre 2001, n. 5624- consente al creditore, a fronte dell’inadempimento del debitore pubblico, di adire il Giudice Amministrativo in sede di ottemperanza ex artt. 37 e 3 L. n. 1034 del 1971 e 27, n. 4, T.U. n. 1054 del 1924, al pari di ciò che avviene nel caso di sentenze di condanna dell’A.G.O. passate in giudicato (cfr., ex multis, TAR Puglia, Bari, Sez. I^, 3 aprile 2003, n. 1573; 12 ottobre 1999, n. 1298; TAR Campania, Napoli, Sez. V^, 4 luglio 2003, n.8016; Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 14 aprile 2003, n. 156; Cons. Stato, Sez. IV^, 31 maggio 2003, n. 3031; Cons. Stato, Sez. V^, 24 febbraio 2003, n. 982).
COMUNIONE - LOCAZIONE DELLA COSA COMUNE DA PARTE DI UNO DEI COMPROPRIETARI GESTIONE D'AFFARI - CONFIGURABILITA' - DIRITTO DEL COMPROPRIETARIO NON LOCATORE DI ESIGERE I CANONI LOCATIVI DAL CONDUTTORE - NECESSITA' DEL CONTRADDITTORIO CON IL COMPROPRIETARIO LOCATORE Le Sezioni Unite Civili hanno affermato che la locazione della cosa oggetto di comunione da parte di uno dei comproprietari rientra nell’ambito della gestione di affari ed è soggetta alle regole di tale istituto, sicché, nel caso di gestione non rappresentativa, il comproprietario non locatore può ratificare l’operato del gestore ed esigere dal conduttore, nel contraddittorio con il comproprietario locatore, la quota dei canoni proporzionata alla rispettiva quota di proprietà indivisa. Sentenza n. 11135 del 4 luglio 2012 (Sezioni Unite Civili,, Presidente P. Vittoria, Relatore S. Petitti)
SANZIONI AMMINISTRATIVE - APPLICAZIONE - OPPOSIZIONE - PROCEDIMENTO – APPELLO - FORMA DELL’ATTO INTRODUTTIVO DEL GIUDIZIO DI IMPUGNAZIONE – CITAZIONE O RICORSO – CONSEGUENZE IN ORDINE ALLA TEMPESTIVITÀ DEL GRAVAME - RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE La Seconda Sezione Civile, ravvisandone il carattere di questione di massima di particolare importanza, ha rimesso alle Sezioni Unite di pronunciarsi in ordine alla forma che debba assumere l’atto di appello avverso sentenza in tema di opposizione a sanzioni amministrative, nonché alle conseguenze dell’eventuale erronea proposizione, mediante ricorso o mediante citazione, ai fini della valutazione di tempestività dell’impugnazione. Cassazione Civile: Ordinanza interlocutoria 7 settembre 2012, n. 14986
CONTRATTO PRELIMINARE - ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA DI PRELIMINARE DI VENDITA IMMOBILIARE - SOTTOSCRIZIONE DEL CONTRATTO DA PARTE DI ENTRAMBI I CONIUGI IN COMUNIONE LEGALE - NECESSITA' - ESCLUSIONE - SUSSISTENZA DEL CONSENSO - SUFFICIENZA - CONSEGUENZE IN CASO DI MANCANZA DEL CONSENSO Ai fini dell’esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita immobiliare non è necessaria la sottoscrizione del contratto da parte di entrambi i coniugi in comunione legale ma è sufficiente il consenso dell’altro coniuge e la mancanza del suo consenso si traduce in un vizio da far valere ai sensi dell’art. 184 cod. civ., nel rispetto del principio generale di buona fede e dell’affidamento, nel termine di un anno decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla data di trascrizione. Testo Completo: Cassazione Civile, Sentenza n. 12923 del 24 luglio 2012